IL NAUFRAGO E L'ICEBERG.
- Scritto da jacquesdemolay
13 maggio - 8 novembre: cosa è successo?
Il naufrago ha sempre un miraggio davanti a sé. Osserva a prua e gli sembra di vedere all'orizzonte il profilo di un'isola, dove potrà rifocillarsi e forse sarà accolto da sovrano dagli indigeni. Segue con lo sguardo il movimento delle nuvole, pregando perché un acquazzone possa salvargli la vita.
Eppure solo poche settimane prima salpava entusiasta dal porto di casa, sotto un sole beneaugurante e fra gli abbracci delle persone care. Sognando paesi esotici, scoperte, tesori.
Domenica scorsa, scendendo i gradoni della curva dopo Bologna-Udinese, in un silenzio sussurrato e umidiccio che sta diventando il clima del Dall'Ara, un tifoso mormorava all'amico: "Siamo ultimi, a gennaio per me dovremmo prendere un difensore centrale, un esterno, un regista e magari una seconda punta. Così vedrai che…". Recitava una preghiera, quella del "difensore centrale, un esterno, un regista e magari una seconda punta" che ormai si eleva al cielo sopra Bologna da secoli, nel momento dei bisogno.
Come il "Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome…"; ce lo insegnano quando abbiamo 5 anni e resta scolpito nella nostra testa per sempre.
Un altro, poco più giù, spiegava al vicino di discesa (e forse a se stesso): "Sì siamo ultimi però siamo stati sfortunati in 7 partite su 9, 11 su 13 se conti le amichevoli; e vedrai che se gira la sorte…".
"Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te…" – sussurrava.
Un altro ancora, quasi al cancello, rassicurava gli amici prima di salutarli: "Eh, ma devono rientrare Portanova, Perez, Gimenez, Morleo…".
"Angelo di Dio, che sei il mio custode…" – era il suo conforto.
Da domenica sera in avanti, in tutte le trasmissioni TV e radio, i processi (alcuni buffissimi: "Dobbiamo capire chi ha fatto questo mercato!" Già, chi ha mai fatto questo mercato? … - altri, finalmente, a segno) e ancora, le preghiere dei naufraghi: "Io farei giocare Guarente", "Secondo me dovrebbe mettere Motta più avanti", "Non capisco perché Khrin ha così poco spazio", "Pazienza di fianco a Perez non aveva fatto male", "Perché non gioca Pasquato?", "Ci vuole Riverola con Diamanti". E via di questo passo. Preghiere, nient'altro che preghiere.
Invocando talvolta degli oggetti misteriosi, talvolta le riserve delle riserve dell'anno scorso.
Così sono tornato mentalmente al 13 maggio scorso. Sei mesi fa. Un Dall'Ara festante salutava una grande squadra, che per una volta dopo anni non era il Napoli. In curva c'era un giocatore del Bologna, Gaston Ramirez, non più spocchioso ma sorridente, che di lì a poco avrebbe dichiarato "Resto qui, mi trovo bene", peraltro blindato dalle ferree e univoche dichiarazioni societarie.
Società forte, ambiziosa e pragmatica, che dopo averci salvato e non contenta di confermare la sua stella ("parte solo per un'offerta di 20 milioni; ma non è necessario che accada. Se lo cediamo? Ne prendiamo uno più forte".) annunciava: "Partiamo dai 51 punti, faremo una squadra migliore, eccetera, eccetera".
Il 13 maggio scorso si salpava, insomma. Fra squilli di tromba e di tromboni.
Ma senza bussola, viveri né idee. Chi si diceva preoccupato, veniva accusato di essere un menagramo. Chi suggeriva di comprare il pane per il viaggio, era preso in giro: "Pescheremo durante la traversata!", ridevano.
Chi ammoniva sui rischi di un viaggio con un legno leggero, si sentiva ribattere: "Metticela tu la nave!".
Sei mesi di navigazione a vista, di scogli sfiorati, di piccoli incidenti, forzieri gettati in mare per alleggerire la barca e altri, di minor valore, acquistati con l'acqua alla gola per la necessità dell'equipaggio; il porto felice lontanissimo, quasi dimenticato. Gli obiettivi di tesori, rivisti, ridotti al minimo indispensabile, la sopravvivenza.
Finchè un giorno, qualcuno non avvistò un iceberg. Lo schiveranno?
JDM